La chiesa armena di Karmir Avetaran

Secondo lo studioso georgiano I.Ioseliani la Chiesa Shamkoretsots Astvatsatsin, rinominata anche Chiesa della Beata Vergine Shamkortsev o Karmir Avetaran (Vangelo viola), risale all’anno 1775.

Diversamente è quanto riportato dal registro dei monumenti armeni. Questo registro che si basa su rapporti e memorandum ottenuti dal Catholicos Nerses Ashtaraketsi direttamente dai superiori o dal clero delle chiese stesse dichiara che Shamkoretsots Astvatsatsin viene costruita con dei fondi pubblici solamente nel 1809.

Vecchia Tbilisi

L’edificio si trova in Church Street Shamkhor, vicino alla Gare Avlabari della vecchia Tbilisi, a pochi passi dall’altra chiesa armena – San Gevorg Echmiadznetsots. Il nome Shamkoretsots implica che la chiesa è stata fondata o restaurata da alcuni abitanti di Shamkora (tuttavia non esistono documenti a prova di questa tesi), città dell’Armenia medievale di Utik, che nel 1803 diventa parte dell’Impero russo.

Shamkor

Shamkor, come Gandzak, era un importante centro culturale e religioso dell’Armenia medievale e nel XII secolo la città era la residenza dei vescovi. Shamkor, come ogni città armena medievale, nel corso dei secoli è stata ripetutamente saccheggiata, conquistata, distrutta da invasori stranieri. Ciò ha portato a un esodo di massa della popolazione locale che per sfuggire alle invasioni dei Selgiuchidi, dei Mongoli e di molti banditi di montagna kzylbashey si stabilirono a Tbilisi.

Il più massiccio reinsediamento di armeni a Tbilisi iniziò nel 1722, quando i re georgiani Vakhtang VI-esimo e Irakli II-esimo entrarono in guerra contro l’esercito persiano. Gli armeni che si trovavano nel mezzo di questa guerra dovevano preoccuparsi non solo dei persiani, ma anche della ferocia con cui i georgiani derubavano di tutti i loro averi gli armeni.

Si distinse particolarmente Eraclio, che ridusse in cenere i villaggi armeni, saccheggiò luoghi sacri e portò con sé dall’Armenia, nel 1779 e nel 1795, molti prigionieri, alcuni dei quali come trofei.

Architettura

La Chiesa Shamkoretsots Astvatsatsin non era solo la chiesa più alta della vecchia Tbilisi, ma anche di tutta la Georgia e si distingueva per la sua bellezza ed eleganza architettonica. Al suo interno ricordiamo alcune preziose reliquie, tra cui quelle di San Garabed.

Shamkoretsots Astvatsatsin era dotata di una cupola massiccia e le facciate erano originariamente ornate con finestre circolari ed iscrizioni epigrafiche. L’epitafiku e le numerose sculture sono state realizzate da uno sculture di cui oggi è rimasto solamente la sigla M.T.P.

Nel 1858 la chiesa viene derubata delle reliquie di San Garabed e nel 1873 l’edificio viene chiuso al pubblico.

Nel 1881 iniziano i lavori di restauro. Nel 1893 la polizia osserva che le pareti della chiesa presentano grandi crepe che possono costituire un pericolo per la congregazione. Per valutare la situazione il 20 luglio 1900 si crea una commissione speciale. Dopo un sopralluogo, si decide che le crepe sono puramente di natura estetica e che quindi non costituiscono un pericolo.

Chiusura

La chiesa viene completamente chiusa nel 1937, anno in cui il tetto di lamiera viene a mancare. Negli anni successivi, la chiesa viene utilizzata per vari scopi: dapprima ospita un panificio, ma la cosa non andò molto bene. La gente credeva che all’interno della chiesa succedesse qualcosa di mistico: l’impasto non lievitava e il pane non cuoceva. Poi il panificio divenne in una palestra di boxe.

Negli anni a venire ospitò una biblioteca, un magazzino di libri e di materiali da costruzione e, infine, un laboratorio per pittori e scultori georgiani.

Il crollo

La comunità armena di Yerevan si è ripetutamente appellata alle autorità cittadine per ottenere il permesso di ristrutturare la chiesa a spese proprie senza però mai ricevere risposta. Il 13 aprile del 1989 alle ore 20:10 il grande monumento storico crolla. L’intero quartiere circostante viene avvolto da una nuvola di polvere e tutto viene ricoperto da un manto bianco. Le autorità pubbliche e i media georgiani affermano che la causa del crollo è stata una scossa qualche minuto prima del terremoto magnitudo 4. Ma c’è chi dubita:

1) La chiesa aveva già resistito a un terremoto ben più forte, quello di Spitak.

2) La chiesa è crollata non durante il terremoto ma bensì il giorno successivo.

3) Le persone che vivevano nelle vicinanze hanno avvertito che la chiesa stava per crollare e sono riusciti a raccogliere gli effetti personali e a lasciare le loro case.

4) Subito dopo la tragedia i membri del consiglio comunale di Tbilisi sono andati di casa in casa costringendo la gente a firmare una testimonianza che dichiarava che la chiesa è crollata per problemi strutturali.

5) Numerosi testimoni oculari affermano che poco prima del crollo hanno sentito chiaramente il suono di una potente esplosione risuonare all’interno della chiesa.

6) Il 22 aprile (9 giorni dopo la tragedia), nel giornale georgiano “Tbilisi” compare la proposta di costruire sul sito della vecchia Karmir Avetaran la principale cattedrale della Chiesa ortodossa georgiana. Il 19 febbraio 1990 si valuta la demolizione dei resti del tempio, così come una parte significativa del settore residenziale Avlabari. Il 12 marzo, sul giornale “Alba dell’Est”, si riprende l’idea di un restauro della cattedrale.

La chiesa oggi

Dopo il crollo, grazie all’impegno e alla dedizione di alcuni cittadini armeni, parti della decorazione esterna del tempio sono stati estratti dalle rovine, salvate e trasferite con cura nel cortile adiacente alla chiesa di San Gevorg. Molti altri oggetti (compresa l’enorme croce a cupola) però sono stati rubati dai saccheggiatori.

Nel 2004, il capo della diocesi della Chiesa apostolica armena in Georgia, il vescovo Vazgen Mirzakhanian, ha espresso il desiderio di proteggere i resti di Karmir Avetaran per una sua successiva ricostruzione. Tuttavia, niente di tutto ciò si verificò.

Oggi il tempio è una maestosa e decadente rovina. Ad essere sopravvissute sono solamente la parte orientale dell’edificio e alcune parti adiacenti alla facciata occidentale e settentrionale.

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