Testimonianze di Alunni

L’ultimo gradino ed ecco che tre figure alquanto spettrali apparvero davanti a noi. Una donna e un uomo, con al centro un bambino nella sua culla, sussurrano lentamente i nostri nomi…

Locazione

La villa si trova lungo la strada statale verso Padova.

Storia

Villa M. venne costruita sulle fondamenta di un antico forte di vedetta posto alle sponde del canale Bisatto. Infatti prima della sua costruzione si ergeva una specie di altura, dosso, dato dai ruderi del preesistente forte medievale. Bisogna sapere che il territorio atestino era pieno di fortilizi edificati nella campagna per scrutare meglio l’orizzonte all’arrivo di scorrerie bellicose e per proteggersi in caso di assedio. E proprio quel dosso dette il nome pure al luogo ove si trova ora, M. “PALAZZO M.” fu successivamente sede della Scuola Elementare Tazzoli fino al 1987.

Descrizione

Il posto a prima vista si presenta interessante. Nonostante le erbacce che ovunque ostacolano il nostro percorso riusciamo a raggiungere un capannone, distaccato dal resto dell’edificio. Esploriamo partendo dall’ultima camera in fondo che si scopre essere una piccola aula. Delle sedie e dei banchi sono disposti ancora in ordine anche se sotto svariati centimetri di polvere. Su per le scale c’imbattiamo in fascicoli, documenti e libri ovunque: un piano completamente adibito a magazzino per tutta questa “carta” oramai inutilizzata.

Entriamo nella scuola attraverso una porta lasciata aperta. Il piano terra si presenta pieno di oggetti: costumi, articoli di giornali, calendari, una televisione, maschere e perfino un giradischi! Un’altra stanza invece è piena di materassi buttati alla rinfusa. Usciamo dalla stanza ed entriamo in un corridoio che, andando a sinistra, ci porta nei bagni. Ritornando indietro e prendendo la destra arriviamo in un’altra stanza con all’interno un armadio pieno di vestiti di tutti i tipi e colori. Dietro all’armadio un crocefisso, una bambola, una cartina geografica della zona e dei trofei. Il tutto molto inquietante data la presenza di questa bambola che ricorda a noi molti dei film horror che abbiamo visto quando ancora eravamo piccoli.

Usciamo dalla porta da dove precedentemente siamo entrati e, attraverso delle scale esterne, raggiungiamo il primo piano. Attraverso un pavimento ricoperto di escrementi di uccello ci muoviamo silenziosamente all’esplorazione delle camere.  Niente di interessante finché nell’ultima c’è qualcosa che ci fa capire che questa posto è veramente ciò che rimane di una scuola elementare. Banchi e sedie, tutti ammucchiati, con una lavagna attaccata al muro. In alcuni banchi sono stati lasciati dei disegni molto probabilmente disegnati e colorati dai bambini del tempo.

Lasciamo il mezzanino per avventurarci nella parte di sopra. Lo scricchiolio delle scale accompagna i nostri passi fino all’ultimo piano. Mano a mano che ci avviciniamo, un odore acre di vecchio e morto investe i nostri corpi. L’ultimo gradino ed ecco che tre figure alquanto spettrali appaiono davanti a noi. Una donna e un uomo, con al centro un bambino nella sua culla, sussurrano lentamente i nostri nomi… Avvicinandoci e facendo luce su di essi capiamo che sono solo delle statue che rappresentano Gesù bambino con a lato Maria e San Giuseppe. Niente di demoniaco, niente di maligno, solo la nostra immaginazione ha lavorato troppo questa volta. Muovendoci esploriamo la zona alquanto pericolante. Mobili e sedie coprono l’intera zona lasciando così ai buchi nel pavimento quella rimanente. Camminando e facendo attenzione a dove mettere i piedi entriamo in una stanza e, subito dinanzi a noi, uno scenario alquanto macabro: una dozzina di piccioni (o meglio quello che rimane di loro) impiccati alle travi con degli spaghi. Non riusciamo a capire come sia possibile una cosa del genere, come sia potuta succedere. Se sia stato per opera dell’uomo o in qualche modo si siano incastrati in quel aggrovigliarsi di spaghi che invadevano la stanza. Non avendo molto tempo, con un certo dolore in cuore, ci avviciniamo alle scale per scendere e lasciarci dietro quel poco di buono che abbiamo visto.

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